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Il farro monococco

All’incirca tra i diecimila ed i seimila anni fa in numerosi insediamenti umani c’è stato il passaggio da una cultura prevalentemente nomade e di caccia ad una stanziale focalizzata sull’agricoltura. Il cereale che meglio rappresenta questa transizione è sicuramente il farro, ed alcuni studiosi hanno osservato che anche “Ötzi”, l’uomo dei ghiacci, si nutriva di questo cereale. 

Nel corso dei milleni vi è poi stato un graduale passaggio alla coltivazione di altre tipologie di cereali che garantissero rese migliori come orzo e frumento, pur rimanendo il farro ancor’oggi un cereale estremamente digeribile e gustoso. Esistono tre tipologie di farro: farro monococco o piccolo farro, farro dicocco o semplicemente farro e la spelta o granfarro.

Il farro

Il nome scientifico del farro monococco, Triticum monococcum, fa riferimento al fatto che la spiga contiene di norma un solo chicco. La resa di raccolta per ettaro del monococco è relativamente bassa e la sua lavorazione più complessa rispetto ad altri cereali risultando in un prezzo maggiore. Tuttavia, ha sicuramente un suo valore aggiunto in quanto il monococco ha un maggior contenuto proteico e di minerali rispetto al frumento moderno. Infine il suo caratteristico colore dorato è originato da un alto contenuto di beta carotene.

Il monococco nella sua forma non ibrida presenta 14 cromosomi, mentre il dicocco ne presenta 28 e la spelta 42 come il frumento. Questo cereale nei millenni è rimasto lo stesso usato dai nostri antenati, e grazie alla sua particolare struttura proteica aiuta il corpo nella digestione del glutine. La farina può essere usata per preparare pane, dolci, zuppe e pasta.

Nei nostri campi coltiviamo farro esclusivamente biologico, senza l’utilizzo di alcun additivo chimico. Il controllo delle infestanti è fatto esclusivamente con mezzi meccanici tramite l’impiego dell’erpice “strigliatore”. La strigliatura viene fatta dopo la semina, e i dentini dell’erpice aiutano ad estirpare le infestanti, a rompere la crosta del terreno ed a fortificare l’apparato radicale del farro.

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